Si può decidere di voler fare tutto, si può fare tutto, importante è
trovare il proprio equilibrio tra bisogni ed esigenze personali, motivazioni
interiori, intrinseche e motivazioni esterne, estrinseche, importante decidere
la direzione per raggiungere mete e trasformare sogni in realtà, ma tutto con
equilibrio, attenzione, sempre presenti a se stessi. Di seguito Laura racconta
la sua storia di ultrarunner rispondendo a un mio questionario di un po’ di
tempo fa..
Ti puoi definire
ultramaratoneta? “Nell'accezione tradizionale si, mi posso definire ultramaratoneta visto
che ho partecipato a diverse gare il cui chilometraggio superava i 42 km. Per
quanto riguarda me, io mi sento semplicemente una persona che ama correre, e
ama correre in equilibrio con il proprio corpo e la propria psiche. Questo per
me accade in modo naturale durante le gare lunghe, che sono così diventate le
mie preferite. Nelle gare più corte (parlo delle gare di 7-15 km, mezze
maratone, o perfino maratone dove si vuole fare il personale) il ritmo è
sfiancante, e non posso stare in pace con i miei pensieri.”
A volte ci si rilassa nella fatica, ci si sguazza,
la fatica di lunga durata ti permette di elaborare pensieri, situazioni, fare
progetti, distaccarti e distanziarti dalla vita routinaria, molto ordinaria e
forse troppo prestabilita. Gli sport di endurance ti permettono di uscire fuori
dal mondo ordinario.
Cosa significa
per te essere ultramaratoneta? “Significa fare quello che mi piace fare.”
Essere ultramaratoneta è come avere un giocattolo,
si vuole che il giocattolo non si rompi mai, a volte si rompe ma si aggiusta,
ci sono periodi di non forma o di infortuni, ma
poi torna il sereno.
Qual è stato il
tuo percorso per diventare un
ultramaratoneta? “Dopo un breve periodo di atletica durante la prima adolescenza, dovetti
smettere a causa di infortunio, ma rimase sempre dentro di me la voglia di
correre. Quando più tardi cominciai a fare snowboard e a trovarmi più volte a
percorrere la strada che porta all'Abetone, stavo tutto il tempo appiccicata al
finestrino, affascinata dal pensiero che tanti la percorrevano a corsa...mi è
sempre sembrato più “etico” raggiungere i luoghi a piedi anzi che in auto,
comunque. Tanti anni dopo ancora, per l'esattezza 4 anni fa, ripresi a correre
con l'obbiettivo, che allora mi sembrava quasi impossibile, di fare la Pistoia
Abetone...poi in realtà è stato tutto veloce e naturale. All'arrivo della mia
prima maratona, Firenze 2011, la sensazione fu “già finita?” Quindi il passo
fu corto verso la Pistoia Abetone, poi le 6 h, infine le 24 h, le 100 km ecc.”
Tutto sta a partire come tante cose ed esperienze, una volta preso il via, sperimentato benessere, si vuol provare sempre ad alzare l’asticella con chilometri in più e difficolta che aumenta, e quindi dalla maratona alle 100km fino a pensare di fare gare da 1.000km.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Correre mi fa star bene, mi sento in equilibrio con me stessa..”
Hai mai pensato
di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho pensato di smettere di correre (per me, come
spiegavo prima, non c'è differenza fra correre e fare le ultra). Raramente, ma
si. Successivamente a un infortunio serio, o ad un periodo di estrema
stanchezza. Ma è un pensiero che dura poco. Due giorni al massimo.”
Hai mai
rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Si, ho avuto problemi, causati
principalmente dall'inesperienza e dalla voracità che caratterizzano i primi
periodi. Poi si impara a essere più attenti, e a prestare attenzione a ciò che
dice il nostro organismo (anche se il problema può capitare lo stesso).”
Non si finisce mai di imparare, c’è sempre una
coazione a ripetere, a fare gli stessi errori, a partire veloci, a non
rispettare il periodo di riposo dopo l’infortunio, ma le uttramaratone
insegnano l’arte dell’attesa, della pazienza del fidarsi di se stessi e che i
problemi, le crisi, le difficoltà come vengono così se ne vanno, senza fretta,
utilizzando qualche accorgimento che risulta funzionante.
Cosa ti spinge a
continuare ad essere ultramaratoneta? “Mi fa stare bene.”
Hai sperimentato
l’esperienza del limite nelle tue gare? “Si, diverse volte, e mi ha fermato (collasso,
colpo di calore, pericardite). A mio parere il limite esiste appunto perché
essendo un limite ti ferma, volente o nolente. Se pensi di averlo superato è
semplicemente perché non era un limite oggettivo, ma solo soggettivo.”
Importante rispettare il proprio corpo, essere
continuamente in ascolto dei messaggi che ci manda, cercare una modalità per
interloquire con il nostro corpo, promettergli riposo dopo lunghe gare
impegnative, un rispetto reciproco tra noi stessi e le parti del nostro corpo,
muscoli, organi, articolazioni, trovare un compromesso per continuare a essere
squadra e andare avanti insieme.
Quali i meccanismi
psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “La capacità di andare
facilmente in auto ipnosi e il meccanismo di autoefficacia. Poi il preparare
una gara mentalmente durante le settimane prima, attraverso visualizzazioni.
Sono talmente abituata che se non lo faccio mi trovo impreparata e faccio flop.”
Aspetti importantissimi che molti atleti non
conoscono, è importante curare l’aspetto mentale, apprendere strategie e metodi
per lavorare sull’autoefficacia, per incrementarla, per aumentare la fiducia
in se stessi. Importante un lavoro di meditazione focalizzato sul respiro,
lavori di visualizzazioni per simulare la gara, per comprendere come potrebbe
essere, tratti più gestibili e tratti più difficili, come interpretare al
meglio la gara.
Quale è stata la
tua gara più estrema o più difficile? “Quelle che non ho finito. Il che vale anche per un
1500 m in pista in cui mi ritirai completamente devastata all'età di 14 anni.”
Quale è una gara
estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Temo tutte quelle che si
svolgono in climi troppo caldi (deserti ecc.).”
C’è una gara
estremi che non faresti mai? “Quelle nel deserto.”
Cosa ti spinge a
spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Che è divertente vedere dove si può arrivare.”
Cosa pensano i
tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Ho sostegno completo da parte
di mio marito e mia sorella, gli altri compresi i miei genitori mi guardano
come se fossi pazza.”
La pazzia delle ultra è qualcosa che interpretano
molti familiari e amici che non comprendono l’esperienza del trovarsi in
condizioni di messa alla prova del proprio fisico e della propria mente,
diventa una sfida personale, un gioco nel riuscire a sbrigarsela sempre con
tanta attenzione.
Che significa
per te partecipare ad una gara estrema? “Preparare un momento di fatica ma grande
soddisfazione.”
Cosa hai
scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Che posso smettere di avere
paura inutilmente. Che se rimango concentrata sulla realtà e su quello che sto
vivendo in genere riesco a capire come devo comportarmi.”
Vero, il momento presente diventa importantissimo,
basta focalizzarsi sul qui e ora, sul respiro, sulle sensazioni corporee e agire
facendosi trasportare dal cuore, corpo e mente, tutto si schiarisce, tutto
rallenta se c’è bisogno, o si accelera se c’è bisogno di fuggire, l’organismo
sa come fare, importante è fidarsi e affidarsi a se stessi e se c’è bisogno a
qualcun altro in alcuni momenti.
Come è cambiata
la tua vita famigliare, lavorativa? “Lavorativamente sono diventata più serena, non ho
problemi nel conciliare le attività. Con la famiglia è più difficile perché non
tutti accettano i miei lunghi allenamenti o la mia assenza durante weekend o
feste (spesso per avere liberi weekend di gare lavoro durante le festività).
Poi sicuramente io e mio marito abbiamo modificato le uscite: molte meno ore
piccole, poca “baldoria” ma il divertimento si è solo spostato in altre
attività.”
Se potessi
tornare indietro cosa faresti? O non faresti? “Guardo avanti, gli errori servono sempre.”
Usi farmaci,
integratori? Per quale motivo? “Farmaci non abitualmente. Integro elettroliti, magnesio, ferro.”
E’ successo che
ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “Da infortunata per forza.”
Hai un sogno nel
cassetto? “La
Milkil, 1000 km che attraversa la Francia (il mio posto preferito).”
Ma tutto cambia, ora a distanza di qualche anno è un
altro il sogno di Laura: “Ora il mio
sogno sarebbe riuscire a portare a termine una 100 miglia di montagna. L'UTMB
ad esempio. Scoprire la montagna è' stato il regalo più bello”
Importante focalizzarsi sul momento presente,
cavalcare l’onda del cambiamento, organizzarsi, pianificare, programmare mete,
obiettivi e sogni in base alle risorse, capacità, qualità presenti ora. Questa
è l’arte della resilienza, si rimodulano gli obiettivi sempre, a volte
sperimentando una crescita post traumatica, importante considerare che se da
una parte c’è qualcosa di diverso che può essere considerata negativa, dall’altra
parte si può scoprire qualcosa di nuovo che ci affascina.
Matteo SIMONEPsicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
380-4337230 - 21163@tiscali.it Matteo SIMONEPsicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
http://www.psicologiadellosport.net
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